Nell’ambito del progetto “Fit for 55%” (Pronti per il 55%), un pacchetto di misure “green” dell’UE che ha per obiettivo quello di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, il Parlamento europeo ha approvato, il 14 febbraio, la misura che prevede lo stop alla vendita di auto e furgoni con motore a benzina o diesel a partire dal 2035, anno in cui le loro emissioni di CO2 dovranno essere azzerate. Ciò significa, per le grandi aziende automobilistiche e l’indotto di quelle manifatturiere, la riconversione della produzione in auto alimentate diversamente, dall’idrogeno all’elettrico.
Il divieto riguarderà solo i veicoli nuovi, non le auto con motore a combustione ancora in circolazione o il mercato dell’usato. Il settore dei trasporti in Europa è responsabile del 30% delle emissioni totali di CO2. Con il Green Deal europeo, convertito in legge nel 2021 con la European Climate Law, l’Ue punta a raggiungere la neutralità climatica, termine promettente che sta ad indicare l’equilibrio tra le emissioni nette di CO2 e gas serra o altre emissioni nocive di origine antropica e l’assorbimento delle stesse, entro il 2050. Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega hanno provato a respingere il provvedimento in sede europea. Per il ministro dei Trasporti Salvini, sarà un “suicidio economico e sociale” che porterà a “distruggere lavoro e industrie europee e italiane per regalarle alla Cina”. Al sovranismo della produzione fa da contraltare lo spirito concorrenziale su scala mondiale del vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermas, per il quale le aziende cinesi porteranno, sì 88 modelli di veicoli elettrici in Ue, validi e a prezzi ragionevoli, ma l’Europa deve al più presto rendersi competitiva “non lasciando questo tipo di industria a chi viene da fuori”. Tra qualche anno, ha aggiunto, “sarà meno costoso comprare un veicolo elettrico che uno tradizionale a motore a combustione”. E la manodopera (ricordando che l’industria dell’automotive in Europa conta nel suo complesso più di 13 milioni di posti di lavoro, di cui 2,6 milioni solo nel settore manifatturiero; in Italia sono circa 250mila i lavoratori coinvolti, di cui 168mila nella filiera della componentistica)? Per Timmermas, andrà formata e riqualificata così da mantenere posti di lavoro nelle industrie di auto del futuro, poiché è in atto una nuova rivoluzione industriale e l’Europa, o si adegua o lascerà il campo alle altre industrie del mondo. Ecco la ricetta Ue: spirito visionario e accaparratore di ampie nuove fette di mercato dell’auto da parte dei padroni e il resto, i lavoratori dipendenti, tutti dietro ad arrangiarsi! Intanto, secondo le stime, il 35% dei posti attuali del settore sarebbe minacciato dall’elettrico. Secondo l’allarme lanciato da Federmeccanica e dai sindacati dei metalmeccanici, in Italia sono a rischio 73 mila posti di lavoro entro il 2035, dei quali 63 mila entro il 2030. Il valore dell’auto in Italia è dato dalla fetta di PIL riconducibile alla sua industria e dal numero degli occupati. Al modo di produzione attuale sono legati parecchi lavori direttamente connessi all’auto, una categoria su tutte: i benzinai. I posti di lavoro a rischio riguardano solo l’industria, ma non il resto degli impiegati che gravita attorno al mondo dell’automobile come i dipendenti delle concessionarie o quelli presso le filiali italiane dei costruttori, i meccanici, i gommisti, gli addetti alle revisioni e altri ancora. In realtà, è in corso da tempo una lunga crisi di mercato, tra gli effetti della pandemia da Covid-19, la transizione ecologica, la carenza di materie prime, semiconduttori in testa (1) e adesso i costi energetici. Secondo i dati ACEA, l’associazione dei costruttori, l’industria europea dell’auto nel 2019 produceva 15 milioni di macchine, occupando 12,8 milioni di addetti ai lavori, tra diretti e indiretti. Nel 2021 la produzione è scesa sotto i dieci milioni, mentre nel 2022 è andata anche peggio. L’ACEA non riporta però dati recenti sull’occupazione.
Il 4 luglio 1957 faceva la sua comparsa la Fiat 500, nota all’epoca anche come “Nuova 500”, perché destinata a sostituire la 500 Topolino dell’anteguerra. Aveva un prezzo base di 490.000 Lire, pari a circa un anno di stipendio medio di un operaio. Nella sua versione base il motore bicilindrico 500 sviluppava una potenza di 13 CV e consentiva di raggiungere una velocità massima di 85km/h, mentre il consumo medio di carburante ammontava a 4,5 litri per 100 km, circa 22 km al litro. La produzione della 500 ha raggiunto il massimo storico nel 1970, con 380.172 unità, per la gioia dei padroni della Fabbrica Italiana Automobili Torino. La sua diffusione in larghe fasce della popolazione italiana fu il sintomo, oltre che della massificazione, della crescente centralità dell’automobile nella società. Una società che, nel frattempo, era migrata dalle campagne alle città. L’urbanizzazione, in atto da almeno un paio di secoli, ha raggiunto su scala globale il 55% della popolazione e si prevede che tale dato aumenterà al 68% entro il 2050. Per comprendere i criteri seguiti dall’industria dell’automobile, secondo, anche, la domanda più o meno influenzata dalle martellanti pubblicità riguardanti sempre più nuovi bolidi con sempre più mirabili prestazioni-l’automotive è la seconda categoria merceologica che investe più in pubblicità, la maggior parte delle quali sono totalmente irreali, caratterizzate da immagini di auto che sfrecciano in strade deserte e città fantasma- e che hanno portato al delirio di lamiere d’ogni foggia e gas di scarico in cui soffocano le città, basta fare un raffronto tra un qualsiasi SUV moderno (comprato dai più con le rate del leasing) e proprio il vecchio “Cinquino”. La DS4, 5 porte francese, ha un consumo di carburante in media pari a 5,4 litri per 100 km, pesa intorno ai 1500 kg e raggiunge una velocità di 230km/h. Le macchine sono diventate più ingombranti, più pesanti, raggiungono velocità da Frecciarossa, mentre lo spazio, di sicuro nelle aree urbane, diminuisce sempre più, gli incidenti-anche per la difficoltosa e talora insufficiente manutenzione delle strade catramate-si sprecano, i parcheggi non ci sono o si costruiscono veri e propri alberghi cittadini per auto, i silos, nei quali accatastarle su più piani, per non parlare delle doppie, triple file o dei stazionamenti improvvisati davanti a un portone (dal quale recentemente un inviperito Luciano Nobili non riusciva ad uscire per il SUV ivi posteggiato) o, perché no, sui marciapiede, magari ad occupare il passaggio riservato alle carrozzine per disabili…
La velocità non è solo una questione di adrenalina (senza neanche voler ricordare il binomio divertimento-già introdotto, magari, da sballi vari- e corse in auto, che in qualche caso ancora finiscono in un cartoccio di lamiere e non più solo nei fine settimana alle prime luci dell’alba), di fretta che il mezzo veloce ti consente di avere, ma anche di tempi di consegna delle merci. Tutto è mercificato e tutto va trasportato con qualsiasi..mezzo. La lunga scia di autotreni mastodontici della logistica che si vede sulle autostrade a qualsiasi ora del giorno e della notte, è affidata alla concentrazione e alla capacità di guida di un conducente, spesso privato del sonno a causa del ruolino di marcia imposto dai tempi di consegna. Un colpo di sonno ed è la strage. L’auto serve agli spostamenti e il suo utilizzo è quindi, anche e soprattutto, strettamente connesso all’ubicazione del proprio posto di lavoro. Quanti ce l’hanno vicino o addirittura dentro casa (si pensi allo smart working di recente covidiana diffusione) e magari neanche hanno bisogno dell’auto per raggiungerlo? Ma qui il discorso che si aprirebbe sarebbe troppo lungo.
Nelle città, dove, negli anni, si sono viste varie soluzioni-panacea contro gli inquinanti dell’aria come il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto provenienti soprattutto dai motori Diesel e il particolato (le famigerate polveri sottili), quali le targhe alterne, le domeniche a piedi e altre amenità del genere, pare stia emergendo la voglia della mobilità cosiddetta dolce. Già la terminologia dovrebbe far sorridere…si tratta semplicemente di andare a piedi o in bicicletta (che fatica!), ma se si clicca sul motore di ricerca alla voce “mobilità dolce“ vi dicono che “si tratta di una soluzione che aiuta a decongestionare il traffico urbano e attraverso isole pedonali e piste ciclabili, può valorizzare le città…” Ebbene, chi ci avrebbe mai pensato? Senza auto ficcate in ogni dove si “valorizzerebbero” le città. Il traffico privato è indubbiamente il flagello di ogni assessorato al traffico, ma per valorizzare (sic) il trasporto pubblico inadeguato occorrerebbero investimenti veri. Soluzioni di “mobilità sostenibile” come il car-sharing, che consente a qualsiasi automobilista di usare un veicolo in condivisione con altri utenti e di cui il modello più comune è quello a flusso libero, sembrerebbero ovviare al problema, ma non sono gratuite. C’è sempre un noleggio da pagare per il servizio “offerto”. La fatturazione è al minuto, a seconda del modello d’auto e della tariffa scelta. Sono inclusi il carburante, le tasse e l’assicurazione. Tutto avviene digitalmente tramite app, compresa la registrazione, l’accesso alle auto, distribuite su una specifica area operativa in città, il pagamento e la convalida della patente. Parallelamente nelle città sono comparsi da un po’ di tempo i servizi di bici, monopattini e scooter sharing. Le bici e i monopattini e-mobility, usate soprattutto dai turisti mordi e fuggi e, dopo l’utilizzo, lasciati “un po’ dove te pare”, financo gettati nel fiume, di cui sono cosparsi i marciapiede, risultano spesso d’intralcio alla vecchina col deambulatore, accompagnata dalla sua badante, spessamente rumena, filippina, africana, ma anche sudamericana o dell’Est europeo e sui quali alza volentieri la zampetta il cagnolino di turno durante la sua passeggiatina al guinzaglio, essendo gli animali sciolti (e cioè liberi..) le prime vittime sotto i pneumatici dei pesanti carrozzoni automatizzati degli atomizzati al loro volante…Gli stessi che per inerzia da pedale o comodità molesta prendono la macchina per qualsiasi cosa, anche per attraversare un paio di strade del proprio quartiere. Eh sì, l’automobile; questo mirabile congegno di meccanica e tecnica di propulsione mediante combustione (ancora per poco in parte già superata) di un carburante; questa microcasa viaggiante con tutti i comfort, climatizzata, con comodi sedili imbottiti, ormai persino riscaldabili in inverno e ribaltabili, sui quali più di qualcun* ha coltivato le sue passioni, segrete o meno; con l’impianto stereo incorporato, gli appositi contenitori per bibite e persino, in alcuni modelli, un piccolo frigorifero…Veicolo per il viaggio, l’avventura, per macinare chilometri sulla strada (on the road, come scrisse Kerouac), in contrapposizione alla o in fuga dalla staticità, dalla stabilità della casa, dal sito stanziale. Ebbene, siamo arrivati al paradosso dove nessuno si sta più fermo e tutti vogliono andare sempre più veloce…Al di là del calo delle immatricolazioni-nell’anno 2022, l’Europa ha chiuso con 11,2 milioni di immatricolazioni (-4,1% sul 2021) e Volkswagen e Stellantis sono andate anche peggio dell’andamento del mercato con un calo delle immatricolazioni nell’anno rispettivamente del 5,7% e del 13,7%, mentre sono cresciute rispetto al 2021 le asiatiche Hyundai Group e Toyota, grazie all’effetto-traino dei modelli ricaricabili- che il passaggio epocale all’elettrico mira a trasformare in un nuovo miracolo di vendite e profitti per le case automobilistiche, nel più classico solco di gattopardesca memoria, la mobilità “sfrenata” che caratterizza la nostra società (con le dovute differenze di mezzi, nel doppio senso letterale del termine…) è piuttosto il riflesso di un’irrequietezza isterica di chi vorrebbe ad ogni costo evadere da spazi troppo angusti più che dello spirito d’avventura di cui erano pregne la Ford Sedan del 37 e la Hudson del 49 guidate da Sal Paradise nelle ancora vaste distese americane sulle ampie carreggiate polverose contornate dal deserto. Quando lo spirito d’avventura diventa commercio e l’automobile il suo brand, meglio restarsene a casa…come dice un saggio compagno di Livorno.
(1) https://www.leaseplan.com/it-it/news-auto/news-motori/semiconduttori-cosa-sono-cosa-servono/
Er C’inquino